Le nostre voci interiori possono prendere mille forme e apparirci terribili, crudeli, spaventose, ma ci raccontano sempre qualcosa di noi e di ciò che possiamo ancora imparare.
Sono via da casa da tanto tempo e tornare mi scatena un’ansia incontrollabile.
Desiderio, mancanza e inquietudine si mescolano talmente bene da non riuscire più a distinguerli. Ho voglia di rivederti, di raccontare, di ascoltare, di partecipare ad eventi quotidiani semplici ma che cementano le relazioni e rendono lo stare insieme intimo e familiare.
Il buongiorno e la bonanotte, preparare la tavola per mangiare insieme, guardare lo stesso film e scorgere sorrisi e lacrime, aggiornarci sulle felicità e le disgrazie altrui, abbandonandoci al pettegolezzo tanto diffuso quanto divertente, nelle cittadine di provincia.
Ma la realtà non è mai come le attese. Anche quando queste sono genuine e forti come le mie. Probabilmente vale lo stesso per te. Messe l’una di fronte all’altra le buone intenzioni si sciolgono come neve al sole.
Ti avevo chiesto di prenderti cura di lui. Ti avevo dato indicazioni chiare e semplici, mi avevi rassicurata.
Tornando mi accorgo che non le hai seguite, come al solito.
La rabbia mi acceca, mi toglie ogni briciola di lucidità e senza pensarci un attimo sferro un attacco degno del più feroce felino. Mi ritrovo con le mie mani attorno al tuo collo, ti strattono, urlo senza remore tutta la frustrazione per ogni volta che mi sono sentita ignorata e derisa dalle tue stupide e inutili bugie.
Il tuo ghigno mi conferma che questo è esattamente quello che vuoi anche tu: un mezzo sorriso soddisfatto stampato sul tuo volto accompagna le poche parole che riesci a pronunciare. Mi sfidi, mi istighi a continuare, lotti anche tu, senza regole, senza tregua, come se questa dovesse essere la nostra battaglia finale. Sembra un finale scontato, atteso, bramato da entrambe.
Il mio respiro è talmente corto che fatico a terminare le frasi. Il cuore mi scoppia nel petto ma io mi ostino ad insultarti con tutta la forza che scovo dentro di me e che scopro infinita. Tu continui a deridermi, mi dici che sono come mia sorella, che abbiamo fatto la stessa cosa.
Non ti credo. Lei, che da te ha subìto i più meschini attacchi notturni, utili a sfogare le tue frustrazioni di donna, moglie e madre, non ha mai reagito, lo so. Lo so, perché se lo avesse fatto ora starebbe meglio. Sarebbe più libera, invece il dolore e la rabbia repressi per anni la stanno facendo morire lentamente.
Ti colpisco senza pietà, ovunque capiti, pugni, calci, graffi, strattonate, insulti, niente placa il mio rancore. Intorno a me non vedo più nulla, non esiste niente altro, se non la tua faccia che sprigiona soddisfazione e che mi spinge a proseguire.
O tu, o io. Non possiamo sopravvivere entrambe. Non ci sarebbe più posto. Abbiamo oltrepassato ogni limite accettabile, abbiamo tirato via le maschere dell’ipocrisia, appesantite da anni di silenzi e finte accettazioni reciproche.
C’erano stati altri episodi rivelatori, ma entrambe li avevamo insabbiati archiviandoli come normali screzi tra persone dal carattere forte. Erano bugie, e lo sapevamo benissimo.
Ora, finalmente, la resa dei conti.
Mi fermo un istante. Ho bisogno di respirare, le parole e i gesti sono strozzati sul nascere. Soffoco.
E’ tutto buio dentro e intorno a me.
Resto immobile.
La calma sembra essere tornata, ma continuo ad ansimare.
Apro gli occhi. Mi guardo intorno. Mi alzo.
E’ tutto finito.